Questa è lo stralcio di una risposta ad una lettera di un mio studente che, tra le altre cose, addebita alla presenza del male il suo ateismo: “ … è meglio non credere in Dio, perché altrimenti si dovrebbe pure ammettere che egli è un sadico e odia l’umanità.” Innanzitutto mi meraviglio che tu partecipi alle mie lezioni di religione pur dichiarandoti ateo convinto. Forse in te vi è dell’altro, almeno la domanda se non esista poi qualcosa che sia Dio. Vorrei dirti che anche per me la domanda circa il dolore nel mondo, circa la terribile infelicità che – causata dall’uomo o dalla natura – regna in questa terra è sempre problematica. Si è detto: “dopo Auschwitz non sarà più possibile credere in Dio”, non ritengo vera questa affermazione ma credo che sia seria di fronte alla disperazione. Ma se si è atei è per caso più facile superare questa disperazione? O non si rende invece definitivo il male? Se ci si sente solidali con quanti sono morti nelle camere a gas, nei gulag sovietici, nelle stragi in Vietnam, in Cambogia, nei disastri naturali anche recenti, non è forse doveroso, anche se con fatica, ammettere che esiste realmente un Dio di amore in cui tutte queste sofferenze trovino pienezza di significato? Se Dio è Dio è infinitamente più grande del male della terra, è certamente inconcepibile per noi questa coesistenza con Dio ma non vi è contraddizione, perché nella sua pienezza di vita, di amore e di significato dà soluzione e significato al male del mondo. Per l’ateo il male non ha senso, è invincibile. Non è più vero che c’è stato e c’è tutto questo male proprio perché chi lo compie vive come se Dio non esistesse? Chi crede che esiste un Dio santo, giusto, amoroso, potente, è in grado di comprendere questo problema del dolore, certo non lo risolve. L’ateo che fa? È costretto ad accontentarsi dell’assurdità di questo mondo. Anche tu, come gli atei telegenici, dipingi il cristianesimo come un analgesico buono per gli sfortunati. Ma tu hai qualcosa di migliore da offrire loro? Tu puoi dire, con una vena di disprezzo, che chi crede si consola con la speranza del paradiso perché è incapace di venirne fuori con le proprie forze. Tu sei giovane, stai bene, hai tutto, non soffri! Ma coloro che il dolore lo vivono devono abbandonarsi alla disperazione oppure credere in Dio come soluzione al loro problema? Tu interpreti le tue esperienze negative come argomenti contro Dio, ma delle tue esperienze di felicità, di realizzazione, di pienezza, non ne hai mai fatto argomento a favore della sua esistenza. Il male è la prova contro Dio, il bene – che c’è dentro e fuori di te – una cosa scontata e ovvia. Un po’ di luce è immensamente superiore alle tenebre, anche se sembrano immense.
Questa mia risposta non è esauriente (forse un po’ aggressiva, ma mi conosci ..!) ad un problema immenso, ma credo e spero che col dialogo lo approfondiremo.
Solo una parola può essere detta sulla nostra vita che ci dia felicità: Che essa non finirà mai, che è eterna!
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