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domenica 18 marzo 2012

PERCHE’ TIRARE FUORI LA TESTA DAL SACCO!

La società plurale nella quale i cattolici sono oggi chiamati a vivere implica la necessità di un confronto a 360° con tutti i soggetti in campo, teso ad individuare i beni comuni sia spirituali che materiali e le politiche adeguate a promuoverli, i cattolici non devono rassegnarsi all’irrilevanza come cattolici. Al contrario, proprio perché la rappresentanza cattolica non è più garantita da un unico partito, – e io dico fortunatamente – ai fedeli laici è richiesto di concorrere al bene comune rendendo così pubblicamente ragione della fecondità sociale della propria fede: “ pronti a rendere ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15). E questo ha delle conseguenze decisive per i contenuti e il metodo dell’impegno politico. In pratica, operando in partiti diversi, i laici cattolici dovranno praticare il principio del distinguere nell’unito. Non dovranno perdere, nell’elaborazione e nell’attuazione dei programmi, il senso comune di appartenenza ecclesiale e mostrare la necessità dell’unità nelle questioni non negoziabili. Per il cristiano questo impegno civile, soprattutto quello politico, altro non è che il prolungamento, fatte le debite distinzioni, della logica della testimonianza intesa come lavoro pratico per il bene comune. Se si testimoniano in ogni ambito dell’esistenza, compreso quello sociale e politico, le proprie convinzioni, non si lede il diritto di nessuno. Scopo dell’azione politica, soprattutto per il cristiano, non è realizzare la società perfetta, che sarebbe una mostruosa presunzione, ma contribuire con realismo alla ricerca di un compromesso civile. (Angelo Scola, Buone ragioni per la vita in comune, Milano 2010. “Essere sobri ed attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l’impossibile, è sempre stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale. Il grido che reclama le grandi cose ha la vibrazione del moralismo: limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale, sembra pragmatismo da meschini. Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco del’umanità dell’uomo e delle sue possibilità. Non è morale il moralismo dell’avventura, che tende a realizzare da sé le cose di Dio. Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell’uomo e compie, entro queste misure, l’opera dell’uomo. Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica”. (Ratzinger J., Chiesa, ecumenismo e politica, San Paolo, 1987, 144). “Il fedele laico è chiamato a individuare, nelle concrete situazioni politiche, i passi realisticamente possibili per dare attuazione ai principi e ai valori morali propri della vita sociale.” Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 568. “Le istanze della fede cristiana difficilmente sono rintracciabili in un'unica collocazione politica: pretendere che un partito o uno schieramento politico corrispondano completamente alle esigenze della fede e della vita cristiana ingenera pericolosi equivoci.” Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 573.

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